L’autore attraversa un pezzo di storia dell’Ateneo. Da Professore Ordinario ricopre le cariche di Presidente del Nucleo di Valutazione, di Delegato alla Ricerca Scientifica, di Prorettore Vicario, di Rettore ad interim e riceve diversi premi tra cui la prestigiosa Medaglia Liberti, assegnatagli nel 2009 dalla Società Chimica Italiana, per i suoi contributi scientifici nel campo delle Scienze della Separazione. 

Tornato a vita privata con una fama consolidata di accademico e di studioso, non smette l’opera. Personaggio a tutto tondo lascia stare molecole e macromolecole, comincia ad armeggiare con sillabe, parole e smozzichi dialettali per entrare nel corpo come alimento salutare da una via diversa e con destinazione più elevata. Così si dedica a scrivere in siciliano perché ama la Sicilia, il suo popolo e la sua lingua. 

Umilmente premette di non essere un poeta vero, capace di emozionare, educare, rafforzare, ingentilire, ammaliare. E mentre nega di riuscire ad esprimerli, i significati e i valori umani – universalità vera, profonda dell’intimo - te li mette davanti, li sciorina, li elabora, li evoca, li manipola come atomi configgenti, li aggrega e disaggrega in antitesi, facendo sprizzare schiuma fra gli scogli della mente. Se sei fra i marosi puoi toccare terra come infrangerti contro ... Che vuoi, dunque, di più dalla poesia? Basta questo per esserci dentro interamente.  

Dice di non essere neanche un poeta dialettale. In realtà l’idioma della Trinacria gli accende saette tra mente, cuore e carta, che all´improvviso mettono la marcia dei pupari palermitani. Si cala nell’animo dei popolani e sa guardare dentro ambienti, personaggi, avvenimenti. 

Con l’aria sorniona di chi ama esser leggero - non come la piuma, ma come l’uccellino – Giovanni condensa ironia e saggezza e insegue i miti illuministici dell’uguaglianza sociale e della natura innocente, scoprendo il valore naturalmente poetico del dialetto.